Nuova pubblicazione dell'Associazione E. Celesia
L'Emigrazione a Finale
da fine '700 all'Unità d'Italia
di Mario Berruti
Collana Storica n. 4
Jacopo Virgilio ha scritto un interessante lavoro sull’emigrazione ligure nella regione del Plata (Argentina, Uruguay e Brasile). Egli, tra l’altro, cita gli studi di Melchiorre Gioia (1815) sui motivi che spingono i popoli a migrare.
Virgilio scrive: Esaminando quali sieno le cause che spingono le popolazioni a migrare in terre lontane, Melchiorre Gioia le riduce alle seguenti: Popolazione superiore alle sussistenze, ritrosìa a regolari lavori, desiderio di gloria militare, di avventure, di climi più dolci e più salubri, di maggiore libertà civile o religiosa; eccessivi balzelli ed aggravi, coscrizioni e leve, desiderio di migliorare le proprie condizioni.
In realtaÌ€ Melchiorre Gioia aveva esposto ragionamenti ben piuÌ€ complessi, ma eÌ€ indubbio che lo “schema” offerto da Jacopo Virgilio eÌ€ molto efficace.
Il tema dell’emigrazione, e in particolare di quella ligure, eÌ€ stato affrontato spesso in letteratura, e sono vari i lavori che si occupano di questa materia.
La popolazione finalese non si eÌ€ certo sottratta a questo fenomeno, che, se anche ha raggiunto il suo apice nell’ultimo quarto del secolo XIX, ha radici ben piuÌ€ lontane, tanto che i documenti consultati ci restituiscono una realtaÌ€ di emigrazione massiccia giaÌ€ nel ‘700, sol se si pensa che, dei nati a Varigotti nell’ultimo decennio di quel secolo, ad esempio, la metaÌ€ (37 su 75), all’epoca della visita di leva era giaÌ€ stabilmente residente in Spagna (a Cadice).
Lo scopo di questo libro eÌ€ lo studio del fenomeno migratorio finalese, registrato nel corso di circa 70 anni, dal 1792 al 1860, prima che l’esodo assumesse contorni impressionanti, a partire soprattutto dall’UnitaÌ€ d’Italia, soprattutto verso gli Stati Uniti.
Per effettuare questo studio, si sono innanzitutto consultati i registri delle visite di leva, sui quali venivano annotati i dati anagrafici del giovane: cognome, nome, data e luogo di nascita, paternitaÌ€ e maternitaÌ€; a cui si aggiungevano, a volte, altre informazioni: l’occupazione, la statura, l’eventuale renitenza, e il luogo ove il giovane si trovava a quel tempo. Ė stato cosiÌ€ possibile ricostruire, con una certa esattezza, la popolazione maschile di un determinato luogo, e l’eventuale stato di emigrato.
Sono poi stati consultati i registri dei censimenti: quello del 1806 (napoleonico), peraltro piuttosto impreciso, quello del 1848, non ancora di natura scientifica, ma già più completo, e quello del 1858, che aveva raggiunto una certa precisione e scientificità. Purtroppo questa documentazione di natura censuaria è disponibile soltanto per alcune località.
Attraverso questi documenti, quindi, abbiamo potuto ricostruire i dati statistici del fenomeno migratorio e, soprattutto grazie ai registri di leva, anche i paesi in cui quella data popolazione era usa emigrare.
Si sono poi consultati alcuni registri dei passaporti, che consentono di verificare quanto il fenomeno migratorio avesse carattere stabile o temporaneo: quanto piuÌ€ la richiesta del passaporto era frequente tanto meno era stabile la residenza all’estero. La consultazione di tale documentazione, tuttavia si eÌ€ limitata ad alcuni anni, per non appesantire eccessivamente l’indagine.
Ancora, si sono consultati i registri dei passeggeri partiti da Genova, che iniziano nel 1833; i registri dei passeggeri in arrivo al porto di Buenos Aires, ed anche i censimenti argentini del 1855, 1869 e 1895.
Si eÌ€ quindi accumulata una serie di dati, che hanno consentito di fare un quadro dell’emigrazione finalese di quel periodo.
Lo studio indaga un periodo preciso: dal 1792 al 1860, prima che iniziasse il grande esodo migratorio dell’ultimo quarto del XIX secolo, per poi proseguire, e anche intensificarsi, nel ‘900. Lo abbiamo scelto percheÌ lo scopo di questo lavoro eÌ€ esaminare il fenomeno migratorio nell’epoca iniziale, ossia nel periodo in cui gli emigranti erano definiti “coloni”. Non eÌ€ stato facile ricostruire le fasi migratorie del ‘600 e ‘700, e possiamo dire che il nostro studio assume contorni piuÌ€ precisi solo, appunto, a partire dal 1792, ossia da quando i giovani iniziarono ad essere registrati per la visita di leva.
Per il periodo precedente, purtroppo, non abbiamo rilevazioni, se non frammentarie, per cui non si eÌ€ in grado di fornire dati completi e attendibili sul fenomeno migratorio di quell’epoca.
Questo libro, quindi, termina con il 1860, ossia poco prima dell’UnitaÌ€ d’Italia, e dell’inizio dell’emigrazione di massa verso gli Stati Uniti d’America. Un’ultima avvertenza. Abbiamo inserito nel libro tabelle con nomi e co- gnomi di finalesi che emigrarono, e di cui abbiamo trovato traccia nei docu- menti consultati: questo testo, tuttavia, non deve essere considerato la fonte da cui trarre notizie sui propri antenati emigrati: il lavoro sarebbe stato gigantesco, essendo sostanzialmente impossibile risalire a tutti coloro che abban- donarono la propria terra per stabilirsi in America del Sud. I finalesi di cui abbiamo trovato notizie nei registri, e di cui abbiamo riportato gli estremi, sono solo una minima (veramente minima) parte di coloro che partirono. Consideriamo quindi questo lavoro come uno stimolo a chi fosse interessato ad approfondire, personalmente, la ricerca.